
E’ trascorso più di un mese dalla manifestazione “Mare&Vitovska” 2019, ma il ricordo è ancora ben vivo: è che in questo periodo, tra degustazione per la Guida e visite in cantina, di tempo ne avanza ben poco, ma dovevo mantenere fede all’impegno preso e quindi ecco qui un reportage di quei giorni.
“Identità del territorio” sono le parole che ho sentito più spesso nella due giorni che ho trascorso in Carso grazie alla manifestazione, giunta ormai alla tredicesima edizione, che si pone l’obiettivo di salvaguardare e valorizzare la regina dei vitigni (come qui amano chiamare la Vitovksa, accento rigorosamente sulla “i”) e di dare, appunto, identità ad un territorio, il Carso, unico nel suo genere. In quindici minuti dal mare del Golfo di Trieste si sale alle colline carsiche, così pietrose che le radici delle vigne lavorano a profondità da speleologo: agenti atmosferici come il vento che in inverno si trasforma nell’impetuosa bora, le grotte e caverne carsiche a cui appoggiare le cantine fresche e dalle temperature naturali ottimali per la conservazione delle bottiglie. A queste condizioni si aggiungono tutte le tipologie di minerali della pietra carsica che dona longevità, eleganza, personalità ad incredibili vini bianchi da vitovska, senza dimenticare la malvasia e, per l’esperienza fatta in cantina da Skerk, anche la glera (anche se sempre più difficile da trovare, dai 1000 ettari di alcuni anni fa siamo passati a 400 di oggi). Oltre alle condizioni climatiche e dei terreni uniche, si aggiunge il percorso intrapreso da alcuni vignaioli sulle macerazioni delle uve che danno personalità e complessità ai vini.

Mare e Vitovska 2019 aveva un tema particolare, come ogni anno ne viene scelto uno specifico, quest’anno è dedicato alla viticoltura al femminile: tema che ha fatto si che la scelta di chi inviare per Slow Wine quest’anno ricadesse, fortunatamente, sulla sottoscritta che di donne e di vino se ne occupa da un po’ di tempo.
Ma andiamo con ordine. La cena inaugurale del 20 giugno era a Locanda Devetak, un’ Osteria Slowfood chiocciolata, accogliente e dove la qualità del cibo è certa: prima di sedersi a tavola un giro in giardino dove sono presenti i produttori di Vitovska che si sono associati per valorizzare il territorio, primi assaggi di interpretazioni diverse del vitigno, ognuna con qualcosa di interessante da raccontare, fra cui Kocjancic, Zidarich, Skerlj di cui assaggiamo le nuove annate.

Si va a tavola per una cena che vede un menu preparato a più mani da cuoche di quattro ristoranti diversi, inclusa la padrona di casa, piatti della tradizione territoriale a volte rivisitati a volte in ricette autentiche tramandate, piatti accompagnati a vini di produttrici ospiti: una scelta molto carina quella di invitare produttrici di altri territori, che verranno via via presentate da Liliana Savioli, intrattenitrice della serata. Possiamo così assaggiare la garganega Camporengo 2017 e il Bardolino Le Fraghe 2018 di Matilde Poggi che come al solito non ci delude, il Bianco Testalonga 2017 di Erica Perrino in magnum, un vermentino che ha molti aspetti in comune con il vitigno di casa e un rossese di Dolceacqua 2016; ancora il riesling/gewurztraminer Coste di Riavolo 2015 San Fereolo presentato da Nicoletta Bocca; chiudiamo con il nebbiolo 2017 Bartolo Mascarello purtroppo con Maria Teresa Mascarello rimasta a casa per impegni in vigna.
Sono ospite per la notte da una produttrice locale, Bajta Fattoria Carsica – Kraska Domacija , nel suo agriturismo dove è possibile anche acquistare in una fornitissima macelleria le carni di maiale da loro allevati. Faccio colazione con un burro buonissimo e marmellata di casa, mi segno di ritornarci per un soggiorno meno di fretta perché devo raggiungere il gruppo per la visita a due cantine. La prima da un amico da cui sono stata più volte, un’icona del territorio, Benjamin Zidarich, da cui torno con piacere perché c’è sempre da imparare, oltre al fatto che assaggiare la sua Vitovska è capire fino in fondo l’essenza di questo territorio e che si possono fare dei vini buonissimi con pochissima tecnologia, basta un torchio molto efficiente per avere uno stile personale, un vino identitario e di estrema pulizia. E poi visitare la sua cantina scavata nella roccia, riportando tutte le pietre in archi, muri, colonne, vale la visita.

Passiamo poi da Skerk, prima volta in visita, panorama mozzafiato come da Zidarich: Sandi Skerk ci apre con estrema generosità alcune vecchie annate, fra cui una Vitovska del 2007 freschissima, pulita e vibrante e una Malvasia del 2008, sopravvissuta ad un’annata di peronospera che distrusse il 40% del raccolto, finissima e fresca, vini che ci fanno comprendere la grandezza di questo territorio nel regalare vini, soprattutto bianchi, che durano nel tempo con longevità, freschezza ed eleganza, vini “orange” luminosi, puliti e di ottima bevibilità.


La giornata prosegue al Castello di Duino, meraviglioso scenario, un posto fantastico per la degustazione di vini, affacciati sul Golfo di Trieste, con una leggera brezza che mitiga il caldo di queste giornate di giugno. Si parte con il seminario dedicato alle produttrici, coordinato da una frizzante Aurora Endici: faccio il mio intervento come Slow Wine, evidenziando la crescita importante della viticoltura al femminile soprattutto con le giovani produttrici, cosa che fa ben sperare per il futuro della viticoltura, che ha bisogno, per esprimersi al meglio, di diversità, sia di anima femminile che maschile. Molte le produttrici presenti in Guida Slow Wine che gestiscono aziende a cui è stato dato il riconoscimento della chiocciola, il più importante per il progetto di Slowfood.
Seguono poi le storie delle produttrici ospiti Matilde Poggi, Nicoletta Bocca, Carolina Gatti, Erica Perrino e delle produttrici locali, Nataša Černic e Lucija Milič in un crescendo emotivo e di simpatia che non lascia indifferente la platea. Quando le donne raccontano lo fanno con passione e personalità: emerge anche da queste testimonianze il valore della diversità in azienda, la difficoltà di far riconoscere il proprio valore in ambiente che, spesso, sono ancora “da uomini” soprattutto quando si sta in vigneto. Ma sono donne tenaci, che hanno a volte rinunciato a carriere lavorative, per dedicarsi con abnegazione ed energia alla produzione di vini in primis, ma anche alla salvaguardia del territorio.
Un giro lungo il Castello ad assaggiare con calma qualche Vitovska assieme ad alcuni amici incontrati lungo il percorso: sono 31 le aziende partecipanti, mi colpisce di nuovo la capacità di variegata interpretazione di questo vitigno nei diversi produttori e le influenze del terreno e delle esposizioni, un vino di contrasti in tutti i sensi la Vitovska, dove terra e mare si incontrano, poca terra, tanta pietra, sole e vento. Da Vitovske leggere e fresche, sapide e facili di beva a quelle più complesse di sensazioni olfattive e persistenze gustative, in particolare quelle che lavorano sulle macerazioni, su tutto mi colpisce la luminosità di questi vini e la sapidità. Sicuramente un sistema produttivo che cresce e che ha ancora molte cose da raccontare.
Fra tutti gli assaggi ne scelgo due: la Vitovska 2017 di Skerlj, azienda chiocciola, l’ultima che assaggio, convincente, di spessore, intensa con sensazioni al naso di spezie dolci, di frutta matura e il bianco di Lucija Milic, il Bezga LuNe 2015, dove “LU” sta proprio per Lucija, un blend di Vitovska e Malvasia, già premiato da Slow Wine 2018 con il Grande Vino, che mi cattura per eleganza, tavolozza aromatica e sensazioni materiche, di un vino gustoso e croccante.
Articolo scritto per Slowwine https://www.slowfood.it/slowine/mare-e-vitovska-2019-e-i-produttori-del-carso/

