PROGETTI & INNOVAZIONE, WINE&FOOD

C’è tanto Slow Wine nella Netural Walk 2019

(Articolo già pubblicato su Slow Wine – https://www.slowfood.it/slowine/ce-tanto-slow-wine-nella-netural-walk-2019/)

Era un po’ di tempo che pensavo ad un’esperienza di cammino e l’occasione è arrivata a giugno con la proposta di farlo nel Vulture: ho accettato immediatamente perché ho immaginato che le tappe avrebbero coinvolto cantine del territorio, un territorio che conoscevo poco.

La Netural Walk del Vulture è una camminata esperienziale, ecologica, sociale che fa parte di un progetto ampio di valorizzazione della Basilicata e territori limitrofi, messo a punto da Casa Netural un’esperienza interessante creata da Andrea Paoletti (che conoscevo da tempo) e Mariella Stella.

Il progetto nasce nel 2012 e ogni anno propone ad un gruppo di circa 20 persone di condividere un percorso di cammino lungo sentieri poco conosciuti e paesi da scoprire, per incontrare persone, raccontare storie. I protagonisti assieme ai camminatori sono le persone del luogo, i cittadini, giovani e anziani, gli operatori, gli artigiani e, come in questo caso, i contadini, i vignaioli.  Andrea e Mariella sono una coppia splendida, visionari, appassionati, genuini. “Si dorme in tenda o presso rifugi, palestre, o altre strutture messe a disposizione dai comuni visitati e si mangia con le comunità locali assaporando i sapori autentici e tradizionali. Il bagaglio è leggero, uno zaino con tutto il necessario per camminare, un kit di stoviglie lavabili ed ecologiche che non inquinino l’ambiente”  www.neturalwalk.com

Partenza il 21 agosto, con poco tempo per studiare in anticipo il percorso, ma sicura che non mi avrebbe deluso, e cosi è stato perché lungo il cammino le soste nelle cantine e nei vigneti sono state ben cinque e tutte di realtà presenti in Guida Slow Wine.

Siamo partiti da Matera per raggiungere Monteverde, uno dei Borghi più belli d’Italia, eletto come paese più accessibile d’Europa grazie ad un percorso di quattro chilometri e mezzo accessibili a ciechi e ipovedenti. Si mangia con gli abitanti un buonissimo panino con frittata e cipolla e il nostro cammino comincia.

Una prima tappa faticosa e impegnativa fra paesaggi incredibili di campi di grano bruciati dal sole e dalle pratiche non proprio sostenibili di bruciature indotte, vallate, panorami infiniti con il Vulture che segue o precede, incontrando a fine percorso i vigneti di Melfi.

La prima cantina era l’unica di cui avessi cognizione precisa e l’unica di cui già conoscevo vini e persone, ovvero i fratelli Carbone, Sara e Luca.  Stanchissimi per il cammino di sette ore sotto il sole, ci siamo rigenerati con una cena intima e buonissima nella spettacolare cantina grotta, nel centro storico di Melfi, dove si affinano i grandi rossi di Aglianico del Vulture dei fratelli Carbone. www.carbonevini.it

La cantina di affinamento è sorprendente, nel centro storico, e ha una storia incredibile: scoperta nei sotterranei di casa quasi per caso, a seguito di lavori di ristrutturazione, è rimasta integra nel tempo. Grotte scavate nella roccia, la pozzolana del Vulture, che permette temperature tra i 15 e i 17 gradi costanti: perfette per l’affinamento di un grande rosso come l’aglianico. Da visitare assolutamente, noi abbiamo avuto la fortuna di cenarci con piatti della cucina locale preparati con i prodotti biologici di Podere Malvarosa.

Cantine Carbone

A cena abbiamo assaggiato due vini identitari che raccontano molto del Vulture: il Fiano che conosco per averlo utilizzato in altre degustazioni; sorso pieno e avvolgente ma con freschezza, stupisce per lunghezza e sapidità che invita alla beva, una sfida vinta per questo bianco che non teme confronti con i fratelli al di là del confine. Segue l’aglianico ovviamente, nella versione del 400 Some: tanta materia nel bicchiere, verticalità, piacevole, tannini perfetti per non annoiarsi. La stanchezza coccolata fino all’ultimo goccio nel bicchiere.

Il secondo giorno inizia con una visita a Melfi e il suo castello per poi dirigersi in cammino verso Venosa. Ho saltato un pezzo del percorso perché ho sentito che non ce l’avrei fatta. Quindi con altre due fanciulle abbiamo trascorso una parte del pomeriggio con Raffaella Irenze, giovane e resistente imprenditrice agricola, a parlare di progetti. Ho visto vigneti luminosi di sole.

Foto di gruppo di Monica R.

Si arriva all’imbrunire, camminando, a Venosa, dormiamo nell’ex convento della Madonna delle Grazie, un luogo mistico: a fianco la Cantina Madonna delle Grazie, struttura moderna per contrasto, parte produttiva sotterranea a basso impatto visivo e ambientale. Ci guida nella visita Michele Latorraca, enologo ed agronomo: quando presenta i suoi vini si percepisce la passione!

Il giardino all’aperto, dove ci accoglie l’intera famiglia, è un posto perfetto per riacquistare la sensibilità dei piedi, mentre la sensibilità del palato gioisce con il rosato Sagaris, ottenuto per salasso, rinfranca la fatica della giornata. Passiamo a Messer Oto 2016 che prende il nome dalla fontana che, nel pieno centro storico venosino, ha fornito acqua e occasione di vivaci incontri, un po’ come quello che stiamo vivendo noi: un aglianico giocoso, affatto difficile. Segue il Liscone 2013, più scuro nei profumi e nel sapore, prugna e viole, tannini e speziature eleganti, evoluti con sapienza, proprio vulcanico! https://cantinemadonnadellegrazie.com

Al mattino visita all’Incompiuta di Venosa: un posto del cuore, visto dieci anni prima con mia figlia Cecilia piccola piccola. Giornata calda, quasi afosa. Si arriva a Maschito, passando prima nei vigneti di Musto Carmelitano, 4 ettari di fatica e 23000 bottiglie di bellezza vinicola: qui scopro veramente l’essenza vitivinicola del Vulture più difficile, con il racconto di Elisabetta Carmelitano che conduce l’azienda assieme al fratello Luca.

Rimango incantata da questa giovane e tenace produttrice, gli occhi neri come il Vulture, dallo sguardo intenso come i suoi vini. Un flashback nel mondo dell’Aglianico di oltre 100 anni, viti a piede franco, alberelli salvati dall’estinzione. Il vigneto cru di Pian del Moro, 600 mt è un inno alla biodiversità difesa e valorizzata. Ovviamente un’azienda chiocciola.

Il vigneto di Pian del Moro di Musto Carmelitano

Assaggiamo i vini a pranzo, al centro Anziani, dove è previsto un laboratorio della focaccia con i peperoni essiccati, con gli anziani del paese, pranzo miracoloso tutti assieme e degustazione dei vini di Musto Carmelitano: spettacolo!  Partiamo con il Rifermentato Dhjete 2017, un moscato inaspettato, non facile, ma poi cattura per allegria di bevuta a cui non ci sottraiamo.

Una meraviglia il Maschitano Rosato IGT 2018 abbinato alla pizza con i peperoni, sorso piacevolissimo, intensi profumi di lampone e la fragola fresca, ma anche una vena agrumata che ne aumenta la freschezza.

Colpisce al cuore Pian del Moro 2013, vino slow, un aglianico di struttura elegante che affascina, trattengo il sorso a lungo per coglierne tutta la piacevolezza, un grande vino che mi lascia senza parole, così come il paesaggio del cru da dove proviene. https://www.mustocarmelitano.it/

Riprendiamo il cammino nel primo pomeriggio, direzione Ginestra, potrebbe piovere. Invece diluvia, lassù, in mezzo alle pale eoliche, due ore di cammino con pioggia battente che lascia senza fiato, ma si arriva al traguardo, io in solitaria con la cerata gialla, non proprio ultima ma fra gli ultimi. Tanta fatica, arriviamo sfiniti e infreddoliti, completamente fradici ma salvi e accolti con amore dalla comunità locale di Ginestra. Una cena sociale di gran convivialità e i cavatelli fatti in casa dalle signore della parrocchia, con le cime di zucchine, riscaldano il cuore e ridanno energia. 

Si riparte il mattino seguente da Ginestra dove abbiamo conosciuto aspetti della cultura arbereshe, a partire dalla lingua che è diffusa e utilizzata nelle iscrizioni e vie della città. Un piccolo paese di 700 abitanti che cerca strenuamente di mantenere la propria identità. Delizioso il progetto delle botteghe dedicata alla tradizione arbereshe. Sindaca bravissima e accoglienza strepitosa!

La mattina dopo chiedo di non camminare per recuperare un po’ e così ho la possibilità con la guida locale Lorenzo Zolfo (lo cito perché merita) di scoprire alcune perle del territorio e anticipare il gruppo a Barile, dove mi invento una degustazione di olio di extra vergine di olive autoctone, la Oglialora del Vulture, in attesa del gruppo.

Barile è città del vino in ogni cosa: dai murales che ti accolgono all’entrata, alle tracce di Cantinando, manifestazione dedicata al vino che invade le vie della città.

Barile è quella dove Pasolini fece le riprese di diverse scene di Il Vangelo secondo Matteo, e già questo vale la visita. Non si conosce con esattezza l’origine del nome del comune. Alcuni ritengono che derivi da Barrale o Barelium, termine che indicava i dazi sui greggi. Altri credono che venga dai barili di legno, usati per conservare l’Aglianico del Vulture.

Il suo stemma illustra un barile fra due alberi d’abete e un grappolo d’uva. Gran divertimento il Laboratorio sulla pasta organizzato dalla proloco locale: abbiamo preparato un piatto tipico, il Tumact me tulez, una pasta tirata a mano, condita con il sugo, la mollica di pane fritta e le noci. Anche Barile è stata fondata dai greci-albanesi con una comunità arbereshe ben presente.

Il Tumcat – foto di Monica R.

Scendiamo alle cantine grotte, dove incontriamo Manuela Mastrodomenico donna del vino dal sorriso contagioso: siamo tutti stretti vicini nella minuscola cantina di affinamento, tra le botti, un luogo intimo. “Fa parte del nostro stare insieme questo luogo”  Manuela ci racconta “Tutto prende il via da una storia d’amore, quella tra la mamma e il papà, lui agronomo,  recuperano una vigna e iniziano il loro progetto”, non una storia banale, ma un ritorno alle origini.

Assaggiamo tre vini identitari in agricoltura biologica: il Fonte del Ceraso 2017, un vino rosa da aglianico, importante, dalla struttura ricca, fa solo acciaio, pulito, fa sorridere di piacevolezza come Manuela, rosa acceso come il suo foulard che svolazza fra le botti. Segue il Mos IGT Basilicata 2016 aglianico godibile, fatto per la tavola di tutti i giorni ma non solo, deliziosa la fresca nota balsamica al naso che rincorre i tipici speziati e fruttati, attacco di bocca quasi mentolato, succoso. Poi il Likos 2015 Aglianico del Vulture ancora, che richiede concentrazione e tempo, un vino complesso, fortemente identitario, senza fronzoli, indimenticabile la nota profonda di liquirizia. http://www.vignemastrodomenico.com/it

Ci salutiamo con affetto e con mezzi vari raggiungiamo Monticchio, nel cratere del Vulture, finalmente siamo sul vulcano, anzi, nel vulcano. Un fascino unico. Un territorio forse poco conosciuto che merita di essere scoperto anche dal punto di vista vitivinicolo.

Ultima giornata di Netural Walk 2019  dedicata ai Laghi di Monticchio, un posto affascinante, quasi magico. Gruppo un po’ stanco ma deciso ad arrivare alla meta, i miei piedi sono un po’ ammaccati. Grazie al supporto delle guide di WeBasilicata, Angela e Salvatore, anche oggi conosciamo un po’ di storie tra fenomeni geologici e leggende di briganti. Ad occhi chiusi recitiamo “Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile”. Ultima salita nei boschi del Vulture (anche nei boschi le salite tirano se non cammini in quota), dopo la visita all’Abbazia di San Michele oggi Museo didattico di storia naturale del Vulture.

Poi tutti verso il pranzo e i saluti dell’addio…a sempre!

I miei compagni di viaggio: Andrea, Mariella, Alessio, Monica, Daniele, Massimo, Monica, Marco, Leonardo, Dina, Daniela, Viviana, Carlotta, Monica, Giovanbattista, Eli, Francesco, Antonella, Sara, Paola e il cane Gipsy.

A loro è dedicato questo articolo. Grazie per alcune foto a Casa Netural e Monica Romei

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